La testimonianza più evidente della diversità e dell'isolamento delle popolazioni sarde in epoca protostorica è certamente rappresentata dai circa 7000 Nuraghi presenti sull'isola.
Queste costruzioni di cui non abbiamo altro esempio al di fuori della Sardegna, sono state erette tra il 1500 e il 500 a.c.
Si tratta di torri dalla caratteristica forma a tronco di cono, costruite con massi sovrapposti, senza uso di alcuna altra materia per cementare, alti dai 4 fino ai 18 metri del nuraghe di Santu Antine a Torralba; in qualche sporadico caso facevano parte di strutture abitative più complesse, ma nella quasi totalità sono assolutamente isolati uno dall'altro, con, in alcuni casi, pozzi e fonti sacre adiacenti a testimoniare comunque la presenza di una forma di società.
Non è assolutamente certo l'uso cui i nuraghi fossero destinati, abitazione, forse anche tombe, o più probabilmente difesa, ma quello che è straordinario è l'opera ingenieristica che ha consentito una sopravvivenza per millenni, così come la capacità realizzativa (ancora oggi non è noto il metodo usato per sollevare questi massi di oltre 10 metri).
Anche a Capo Falcone esiste una testimonianza nuragica; la zona che va da Stintino a Porto Torres è, come tutta la Sardegna, ricca di nuraghi; la zona della Nurra (nord-ovest della Sardegna) è anzi una delle zone a più alta densità nuragica dell'isola.
A pochi chilometri da Stintino si trova il nuraghe di Unia, il nuraghe più a nord della zona. Proseguendo verso Porto Torres troviamo ancora il nuraghe Minciaredda in un'area ormai trasformata per fini industriali e di cui non rimangono che pochi resti. Percorrendo la vecchia strada provinciale 34 incontriamo ancora il nuraghe Margone su una piccola altura, completamente nascosto da una fitta vegetazione. Anche di questo nuraghe rimane solo parte della struttura. Dalla stessa SP.34 si può raggiungere il nuraghe Biunisi, nascosto dietro una collinetta, mentre sulla collina chiamata monte Elva si trovano i resti dell'omonimo nuraghe.